28 febbraio 2019

Patto parasociale – rinnovo automatico - nullità

Segnalo un'interessante sentenza della Corte d'Appello di Brescia (nella specie la n.1568 pubblicata in data 8 ottobre 2018) in cui la Corte è pronunciata sulla nullità di un patto parasociale a tempo determinato (NdR della durata di 5 anni) che prevedeva, altresì, il tacito rinnovo ove non fosse stato comunicato il recesso entro un anno prima della scadenza (NdR nullità rigettata dal lodo arbitrale ed oggetto d'impugnazione avanti alla Corte d'Appello).

La questione sottoposta la vaglio della Corte era il seguente: laddove il patto parasociale preveda un termine di durata, la clausola che prevede il tacito rinnovo, anziché il rinnovo per effetto di una nuova manifestazione del socio alla scadenza, è valida o nulla ?

Come è noto l'art. 2341-bis c.c. prevede che i patti non possano avere durata superiore a 5 anni e sono rinnovabili alla scadenza ma richiedono una nuova manifestazione di volontà.

Il lodo aveva statuito che il silenzio fosse espressione ad ogni effetto della rinnovata espressione di volontà da parte dei contraenti e che la tempestiva comunicazione del recesso (se validamente inviata) avrebbe permesso al socio di liberarsi dal patto.

Ebbene, la Corte d'Appello di Brescia ha statuito che un siffatta clausola è in contrasto con la ratio dell'art.2341-bis c.c., sancendo la nullità del lodo per violazione di legge.

I Giudici del gravame - dopo aver rammentato che l'art. 2341-bis c.c. è norma imperativa – si soffermano sulla ratio della norma stessa che è quella di consentire a ciascun paciscente di avere la facoltà di scegliere, sino alla data della scadenza, se liberarsi o mantenere il vincolo pattizio.

La Corte ha statuito che una lettura della norma aderente alla sua ratio richieda che il prolungamento del patto oltre la scadenza avvenga sulla base di una nuova manifestazione di volontà dei contraenti.

Tale volontà di rinnovazione potrebbe avvenire – prosegue la Corte – anche sulla base di una manifestazione tacita integrata dalla mancanza di un espresso atto di disdetta (con cui il socio comunichi di non voler rinnovare il patto) MA la previsione di un onere di comunicazione anticipato ad un anno prima della scadenza del quinquennio è comunque elusiva della norma.

Questo il ragionamento dedotto dalla Corte: 

“Nel patto di durata determinata, ove la norma stessa prevede un termine di durata non superiore ai cinque anni con rinnovabilità alla scadenza, senza alcun onere che non sia correlato alla manifestazione di consenso sulla rinnovabilità del patto alla scadenza, l’anticipazione temporale della manifestazione del dissenso attraverso il “recesso” […] da comunicarsi a cura del socio un anno prima della scadenza […] si sostanzia in un limite temporale alla libertà assoluta ed incondizionata del socio di decidere di liberarsi dal vincolo pattizio alla sua scadenza …”.

E ancora: “La previsione di un tacito ed automatico rinnovo correlato alla mancata disdetta entro un anno prima della scadenza scardina, quindi, il contemperamento previsto dalla norma tra l’esigenza di stabilizzare gli interessi proprietari […] e quella alla libertà di iniziativa economica […] della facoltà di sottrarsi alla rinnovazione automatica del vincolo pattizio per un altro identico periodo temporale.”.

La Corte conclude, pertanto, che un intervallo temporale annuale convenzionalmente previsto tra la disdetta e la scadenza del patto stesso appare «comunque eccessivo», in relazione alle possibili e rapide evoluzioni delle vicende societarie poiché impone al socio un’anticipazione tanto rilevante quanto ingiustificata sull’opportunità (o meno) di assoggettarsi alla protrazione del vincolo, accettandone la rinnovazione per altro periodo.

La sentenza è pregevole e ben argomentata. Tuttavia mi pare che la Corte d'Appello abbia effettuato una valutazione «quantitativa» più che «qualitativa» della clausola, non escludendo – così si legge nelle motivazioni – una manifestazione per fatti concludenti integrata dalla mancata disdetta.

Sorge, quindi, una domanda: se la clausola avesse previsto un termine inferiore, magari di 180 giorni (tale termine non è casuale ma ricalca quello previsto per il recesso nei patti a tempo indeterminato), la stessa avrebbe superato il vaglio della Corte ?

A mio modestissimo parere, le clausole che prevedono patti con durata determinata e con il rinnovo tacito, quale sia il preavviso pattuito per evitarlo, siano in realtà dei patti parasociali con durata indeterminata ma con un limite rispetto a questi ultimi: il diritto di recesso è esercitabile solo ogni quinquennio e non ad nutum come prevede il secondo comma dell'art. 2341-bis c.c.

Si tratta - in ogni caso - di una modalità elusiva della norma con una evidente compressione della governance e degli assetti proprietari.