- Concordato preventivo e diritto di voto dei fideiussori
Alcune recenti pronunce di merito sono tornate sulla
questione – assai dibattuta – circa il diritto di voto del
fideiussore del debitore nell'ambito della procedura di concordato
preventivo.
A mente dell'articolo 174, IV comma, L.F. i
coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di
regresso sono legittimati ad intervenire all'adunanza dei
creditori.
In claris non fit interpretatio. I soggetti
che rivestono tale qualifica hanno una legittimazione a partecipare
all'adunanza.
La ratio della norma è palese: i fideiussori
hanno un interesse qualificato, specifico e titolato nella procedura
poiché subiscono le sorti dell'approvazione (o meno) del piano
concordatario e, per converso, non sono liberati nei confronti del
creditore garantito.
Quid iuris in tema del diritto di voto ? La
norma nulla dice.
Ebbene. Due recenti pronunce (nella specie Tribunale
di Bergamo, 20 febbraio 2014 e Tribunale di Padova, 7 luglio 2014 in
www.ilcaso.it) si sono espresse in termini diametralmente opposti,
ammettendo - rispettivamente - detto diritto di voto ovvero
negandolo.
Le motivazioni delle due pronunce muovono da un
medesimo presupposto e cioè la legittimazione ad esprimere il voto
ai soggetti che rivestono la qualifica di creditore per titolo o
causa anteriore alla procedura, salvo poi giungere a valutazioni
diverse in ordine alla qualifica “di creditore titolato” in capo
al fideiussore.
A mio parere non vi è dubbio circa (i) la nascita
della obbligazione accessoria del fideiussore contestualmente al
negozio fideiussorio e (ii) la scadenza del credito nei confronti del
debitore ammesso alla procedura senonché si deve indagare se la
concreta escussione nei confronti del fideiussore o il suo pagamento
in favore del creditore garantito sia condizione necessaria per
l'esercizio del diritto di voto.
.
Il Tribunale di Bergamo assume l'inutilità del diritto di
presenziare all'adunanza da parte del fideiussore ove tale diritto
non sia accompagnato anche dal diritto d'esercitare il proprio voto;
tale esercizio, inoltre, non determina alcun danno in capo ai
creditori anteriori che conservano impregiudicati i diritti contro i
coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di
regresso ex art. 184 L.F.
Invece il Tribunale di Padova muove da un dato
formale contenuto nell'art. 174 L.F. e cioè l'assenza di una
esplicita previsione del diritto di voto in capo al fideiussore ed
una chiara distinzione tra la locuzione “creditori” (contenuta
nel secondo comma del predetto articolo) e la locuzione “fideiussori”
(contenuta nel quarto comma).
Il Tribunale Patavino conclude, assumendo che
l'adempimento totale o parziale del fideiussore prima deposito della
apertura del concordato sia postulato per l'esercizio del voto
e l'interesse tutelato (la legittimazione alla sola partecipazione
all'adunanza) altro non è che una anticipazione dello stesso
interesse previsto all'art. 180 L.F.
In tema, per quel che mi consta, la Suprema Corte si
è espressa solo una volta (nella specie con la sentenza n.9736/1990
in una fattispecie piuttosto complessa e articolata) statuendo che
l'esistenza del credito, anche qualora non sia accompagnata
dall'esigibilità, è sufficiente per l'esercizio di voto poiché
l'obbligatorietà del concordato (per tutti i creditori anteriori al
decreto di apertura della procedura ex art. 184 L.F.) è indipendente
dalla sussistenza di termini o di condizioni (vi partecipano,
infatti, i crediti condizionali o quelli gravati da un patto di
preventiva escussione di un obbligato principale).
Tuttavia autorevole dottrina e giurisprudenza meno
recente (Corte Appello Roma, 17 dicembre 1973, in Giur. Comm., 1974
pag. 747; Corte Appello Roma, 19 marzo 1985, in Il Fallimento (Il),
1985, 1270; G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, Giuffrè Editore,
2011, pag. 583; G. Villanacci, Il concordato preventivo, Wolters
Kluwer, 2010, pag. 164 e ss. contra Corte Appello Napoli, 15
luglio 2011 in www.ilcaso.it) assumono come l'esigibilità del
diritto di credito sia un elemento rilevante per l'esercizio del
diritto di voto.
A mio avviso, la questione sull'esigibilità del
credito è dirimente poiché - se è vero che la fonte del credito
non è in discussione (così come la sua scadenza all'apertura della
procedura) – bisogna analizzare l'articolo 169 L.F. che richiama
espressamente l'art. 62 L.F.
Come è noto l'articolo 62 L.F. recita:
“Il creditore che, prima
della dichiarazione di fallimento, ha ricevuto da un coobbligato in
solido col fallito o da un
fideiussore una parte del proprio
credito, ha diritto di concorrere nel fallimento per la parte non
riscossa.
Il coobbligato che ha diritto di regresso
verso il fallito ha diritto di concorrere nel fallimento di questo
per la somma pagata.”(ndr enfasi aggiunta).
Pertanto, sulla scorta di quanto previsto dall'art.
62 L.F., anche nell'ambito del concordato preventivo, solo ove
il creditore abbia ricevuto il pagamento integrale da parte
del fideiussore prima dell'apertura della procedura
concorsuale (ovvero ante adunanza dei creditori) sarà escluso
dalla partecipazione al concorso in favore del fideiussore stesso il
quale potrà surrogarsi (o agire in via di regresso) nella posizione
del creditore, anche ai fini dell'esercizio del diritto di voto; per
converso, ove ciò non avvenga, il creditore potrà insinuarsi per
l'intero e il diritto di voto sarà interamente nella sua
disponibilità.
Sul tema, nel fallimneto: “Il credito di
regresso del fideiussore che abbia pagato integralmente il creditore
dopo la dichiarazione di fallimento del debitore principale fallito
ha natura concorsuale in quanto, oltre a trarre origine da un atto
giuridico anteriore all'apertura della procedura fallimentare,
esclude dal concorso, con effetto surrogatorio, il credito estinto e
può quindi essere esercitato dal "solvens", nei limiti
imposti dalle regole inderogabili del concorso, anche quando questi
non abbia chiesto e ottenuto in precedenza la insinuazione al passivo
con riserva, ex art.55 legge fall., della propria pretesa di
rivalsa.” (Cassazione civile, sez. I, 17 gennaio 2008, n.
903)
A norma degli artt. 61 e 62, commi 1 e 2, legge
fallimentare, mentre per i pagamenti effettuati prima della
dichiarazione di fallimento il coobbligato o il fideiussore può
esercitare il regresso verso l'altro coobbligato fallito sempre e in
ogni caso (mediante concorso nel fallimento della somma pagata),
prescindendosi dal risultato dei pagamenti medesimi sulla sorte del
credito principale (riduzione o estinzione), per i pagamenti
effettuati dopo la dichiarazione di fallimento il regresso è
sottoposto unicamente alla condizione che il creditore, per effetto
del pagamento del coobbligato, resti completamente soddisfatto.
Nel caso di un pagamento parziale prima
dell'apertura del concordato, il fideiussore potrà esercitare il
“credito di regresso” nella procedura concorsuale e potrà
esercitare il voto sino alla concorrenza dell'importo pagato e non
rilevano i pagamenti parziali intervenuti nelle more della
procedura, esigendosi l'adempimento per intero ex parte creditoris
(in tema, il pregevole contributo di P.G. Demarchi, Il concordato
preventivo: il ruolo dei fideiussori e dei coobbligati su
www.ilcaso.it).
Senza il discrimine della soddisfazione totale o
parziale del creditore ante apertura del concordato e, quindi,
senza il requisito dell'esigibilità del credito da parte del fideiussore, si
assisterebbe ad una moltiplicazioni dei diritti di voto per un
medesimo credito (nella sua duplice veste di credito principale o di
credito esercitabile con surrogazione o in via di regresso) e tale duplicazione è da
scongiurare anche per ragioni di prudenza (cfr. AA.VV. - a cura di -
A. Nigro - M. Sandulli - V. Santoro, Il concordato preventivo e gli
accordi di ristrutturazione per debiti).