Recentemente la Corte di Cassazione (sentenza, sez.
I, 12 settembre 2014, n.19314) si è nuovamente espressa sul tema dei
presupposti dell'azione revocatoria e, in particolare, sul momento
temporale in cui individuare il valore del bene (per il requisito
oggettivo della “sproporzione” delle prestazioni) nella scansione
contratto preliminare – definitivo.
La pronuncia in esame (riferita ad una
fattispecie in cui era applicabile l'articolo 67 ante riforme)
pone delle questioni che potrebbero avere effetti negativi anche
nell'interpretazione delle norme attualmente in vigore in tema di
compravendite aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati
a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi
parenti e affini entro il terzo grado.
Conviene citare l'articolo 67 L.F. nella sua attuale formulazione (n.d.r. ho aggiunto enfasi nelle parti salienti):
“Articolo 67 L.F.
1 comma Sono revocati,
salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato
d’insolvenza del debitore:
1) gli atti a titolo
oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di
fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte
dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato
dato o promesso;
[omissis]3 comma Non sono soggetti all’azione revocatoria:
[omissis]
c) le vendite ed i
preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis
del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma
terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed
aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire
l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini
entro il terzo grado;
[omissis]”
Ebbene. La c.d. sproporzione di cui al primo comma
(esplicitata dal Legislatore nella frazione indicata nella novella
del 2005) serve come parametro per l'interpretazione del “giusto
prezzo” di cui all'art. 67, comma 3°, lettera “c” nel senso
che se il corrispettivo di vendita è determinato ai prezzi di
mercato esso è giusto.
Viceversa se il corrispettivo non è ai prezzi di
mercato e (i) la sproporzione supera la soglia indicata dal comma 1
opera la presunzione della scientia decoctionis (e il “periodo
sospetto” è - come noto – l'anno anteriore all'atto) ovvero (ii)
la sproporzione non supera la soglia del comma 1, il Curatore
potrebbe (la tesi non è unanime) agire in base al secondo comma
dell'art. 67, dovendo provare la scientia decoctionis (mentre
il “periodo sospetto” è dimidiato).
Qual è il momento temporale in cui si deve valutare
il giusto prezzo nell'ipotesi di contratto preliminare (n.d.r. con
data certa anteriore al fallimento) e successivo contratto definitivo
?
Conviene richiamare l'articolo 10 del D.Lgs 122 del
2005 (introdotto dal Legislatore per i c.d. immobili da
costruire destinati ad uso abitativo) che, al comma 1, così recita:
“Gli atti a titolo
oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di
altro diritto reale di godimento di immobili da costruire, nei quali
l'acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dalla data di
acquisto o di ultimazione degli stessi, la residenza propria o di
suoi parenti o affini entro il terzo grado, se posti in essere al
giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare,
non sono soggetti all'azione revocatoria prevista dall'articolo 67
del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive
modificazioni.” (n.d.r. enfasi aggiunta).
La dottrina si è divisa sul punto:
a) una parte degli
interpreti – sulla scorta dell'art. 10 del D.Lgs 122/2005 – ha
argomentato che il giusto prezzo di cui all'art. 67, comma 3, lettera
“c” dovesse stabilirsi al momento di stipula del contratto
preliminare;
b) altra parte degli interpreti ha sostenuto che il
giusto prezzo dovesse riferirsi al contratto di vendita poiché -
solo a tale data - si può valutare la buona fede dell'acquirente ed
il bene esce dal patrimonio del soggetto (poi) fallito (in tale senso
militava anche la giurisprudenza per la verità antecedente alle
riforme).
A mio avviso la prima interpretazione è da
preferire poiché il 3 comma lettera “c” dell'art. 67 è
successivo al D.Lgs 122/2005 e dovrebbe essere interpretato “in
continuità” con la normativa specifica dettata in tema di immobili
da costruire in una sorta di species a genus (cfr.
AA.VV., Commento alla riforma delle procedure fallimentari, in
Notariato (Quaderni), 21, 2008, IPSOA).
Inoltre il comma 3, lettera “c” menziona non
solo le vendite ma espressamente i contratti preliminari di
vendita trascritti; in tale ipotesi (n.d.r. contratto preliminare di
compravendita trascritto a cui è seguito il contratto definitivo)
sarebbe discriminate (con possibili profili di incostituzionalità
per disparità di trattamento rispetto alla disciplina dell'art.10
del D.Lgs 122 del 2005) individuare la congruità del corrispettivo
alla data del contratto definitivo.
Di seguito riporto le motivazioni dedotte dalla Suprema Corte
nella sentenza in commento:
“Invero, nell’ipotesi di revocatoria ai sensi
della L.F., articolo 67, comma 1, n. 1, di atto di compravendita
preceduto dalla stipula di un contratto preliminare, la sproporzione
tra le prestazioni deve essere valutata con riferimento al momento
della conclusione del contratto definitivo, essendo questo che
determina l’effettivo passaggio della proprietà, e a tal momento
occorre riferirsi per la determinazione del valore venale del bene
(Sez. 1, n. 5058/2007).
Più di recente si è affermato che in tema di
revocatoria fallimentare di compravendita stipulata in adempimento di
contratto preliminare, l’accertamento dei relativi presupposti va
compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo, in
quanto la L.F., articolo 67, ricollega la consapevolezza
dell’insolvenza al momento in cui il bene, uscendo dal patrimonio,
viene sottratto alla garanzia dei creditori, rendendo irrilevante lo
stato soggettivo con cui è assunta l’obbligazione, di cui l’atto
finale comporta esecuzione, salvo che ne sia provato il carattere
fraudolento; inoltre, qualora nel momento fissato per la stipulazione
del contratto definitivo, sussista pericolo di revoca dell’acquisto
per la sopravvenuta insolvenza del promittente venditore, il
promissario acquirente ha la facoltà di non addivenire alla
stipulazione, invocando la tutela dell’articolo 1461 cod. civ.
(Sez. 6 – 1, n. 21927/2011).”.
Tale motivazione mi trova in disaccordo.
A mio modesto avviso, anche nell'ipotesi di contratto preliminare di compravendita immobiliare (registrato ma non trascritto e, quindi, con data certa) a cui segue il contratto definitivo (avente ad oggetto immobili estranei alle fattispecie di cui alla lettera "c"), l'individuazione del giusto prezzo (ben inteso in linea col mercato) dovrebbe riferirsi alla data di stipula del contratto preliminare anche alla luce del favor introdotto (successivamente) per determinate categorie di compravendite immobiliari.
A mio modesto avviso, anche nell'ipotesi di contratto preliminare di compravendita immobiliare (registrato ma non trascritto e, quindi, con data certa) a cui segue il contratto definitivo (avente ad oggetto immobili estranei alle fattispecie di cui alla lettera "c"), l'individuazione del giusto prezzo (ben inteso in linea col mercato) dovrebbe riferirsi alla data di stipula del contratto preliminare anche alla luce del favor introdotto (successivamente) per determinate categorie di compravendite immobiliari.
Tale interpretazione è equa e coerente poiché, alla data
(certa) di stipula del contratto preliminare, le parti (nell'incontro
delle due volontà) fissano irrevocabilmente il prezzo dell'immobile e valutano la sua adeguatezza
(rispetto ai parametri di mercato esistenti a quell'epoca) così che ogni revisione successiva - oltre ad essere un
inadempimento contrattuale - sarebbe illogica, contraria alla speditezza della transazioni commerciali e imposta "posticciamente" al solo fine di evitare la
revocatoria ex art. 67 L.F.
Sottolineo come la sentenza in commento si riferisca fattispecie a cui è applicabile il comma 1 dell'articolo 67 L.F. e non a fattispecie a cui si applica il 3 comma, lettera c); tuttavia tale pronuncia potrebbe (il condizionale è d'obbligo) costituire un vulnus per l'interpretazione del momento in cui deve essere determinato il giusto prezzo per gli immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado.
Mi auguro che, sul tema specifico, la giurisprudenza aderisca all'interpretazione della dottrina che ritiene applicabile il criterio espresso dall'art. 10 del D. Lgs n.122 del 2005 così da rendere certe e spedite le transazioni commerciali immobiliari.
Sottolineo come la sentenza in commento si riferisca fattispecie a cui è applicabile il comma 1 dell'articolo 67 L.F. e non a fattispecie a cui si applica il 3 comma, lettera c); tuttavia tale pronuncia potrebbe (il condizionale è d'obbligo) costituire un vulnus per l'interpretazione del momento in cui deve essere determinato il giusto prezzo per gli immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado.
Mi auguro che, sul tema specifico, la giurisprudenza aderisca all'interpretazione della dottrina che ritiene applicabile il criterio espresso dall'art. 10 del D. Lgs n.122 del 2005 così da rendere certe e spedite le transazioni commerciali immobiliari.
Salvis iuribus