13 novembre 2014

Il decreto Sblocca Italia e il Rent to Buy

Il decreto “Sblocca Italia” e il “Rent To Buy”

Il D.L., 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive) pubblicato in G.U. n. 212 del 12 settembre 2014 è stato convertito (con modificazioni) dalla Legge, 11 novembre 2014, n. 164 pubblicata in G.U. n.262 del 11 novembre 2014 (Suppl. Ordinario n. 85/L). 

Una delle misure per rilanciare il settore immobiliare - fortemente in crisi - è la tipizzazione del c.d. Rent to Buy. 

Tale contratto atipico era già diffuso nella prassi secondo la struttura di (i) un contratto di locazione funzionalmente collegato con una opzione d'acquisto o un contratto preliminare di compravendita ovvero (ii) un contratto di locazione con la pattuizione prevista dall'art. 1526, comma 3, c.c.

Ora il legislatore ha disciplinato i contratti in cui il conduttore-futuro acquirente acquisisce immediatamente il godimento dell'immobile ed ha il diritto di acquistare l'immobile (entro un termine determinato), imputando una quota parte dei canoni (convenuta tra le parti) quale corrispettivo d'acquisto. 

Di seguito il testo dell'articolo 23 del decreto Sblocca Italia (in grassetto le modifiche sostanziali apportate in sede di conversione).

Art. 23 (Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili) 

1. I contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l'immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell'articolo 2645-bis codice civile. La trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all'articolo 2643, comma primo, numero 8) del codice civile. 

1-bis. Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell'immobile entro il termine stabilito.  

2. Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo.  
3. Ai contratti di cui al comma 1 si applicano gli articoli 2668, quarto comma, 2775-bis e 2825-bis del codice civile. Il termine triennale previsto dal comma terzo dell'articolo 2645-bis del codice civile è elevato a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni. Si applicano altresì le disposizioni degli articoli da 1002 a 1007 nonché degli articoli 1012 e 1013 del codice civile, in quanto compatibili. In caso di inadempimento si applica l'articolo 2932 del codice civile. 

4. Se il contratto di cui al comma 1 ha per oggetto un'abitazione, il divieto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, opera fin dalla concessione del godimento.  

5. In caso di risoluzione per inadempimento del concedente, lo stesso deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali. In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell'immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto. 

6. In caso di fallimento del concedente il contratto prosegue, fatta salva l'applicazione dell'articolo 67, comma 3, lettera c), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. In caso di fallimento del conduttore, si applica l'articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni; se il curatore si scioglie dal contratto, si applicano le disposizioni di cui al comma 5.  

7. Dopo l'articolo 8, comma 5, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, è aggiunto il seguente: “5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà, stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.”.1  

8. L'efficacia della disposizione di cui al comma 7 è subordinata al positivo perfezionamento della procedimento di autorizzazione della Commissione Europea di cui all'articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), di cui è data comunicazione nella gazzetta ufficiale

Finalmente il Legislatore ha dato una disciplina (pur con molte perplessità di cui darò conto infra) alla fattispecie del c.d. rent to buy, prevedendo solide tutele sia al conduttore-futuro acquirente sia al concedente-futuro venditore. 

Si tratta - in primis - della previsione di trascrizione del contratto ex art. 2645-bis codice civile, elevando il termine triennale previsto dalla norma a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni (cfr. art. 23, comma 3).

L'efficacia prenotativa di lunga durata (così come l'applicabilità dell'art. 2668, quarto comma, c.c.) rende certi e opponibili a terzi i diritti del futuro acquirente il quale gode - non solo degli effetti di cui all'art. 2643, comma primo, n.8 c.c. e dell'art. 2825-bis c.c. – ma anche del privilegio speciale sull'immobile ex art. 2775-bis, primo comma, c.c. 

Tali tutele sono stringenti ed efficaci. 

Inoltre l'articolo 23, comma 4, prevede altresì che il divieto (n.d.r. ove applicabile) di cui all'articolo 8 della Legge 122 del 2005 operi sin dalla concessione in godimento dell'immobile.

Si tratta, come è noto, del divieto in capo al notaio di procedere alla stipula sino a che non si sia proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell'ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull'immobile.
 
Veniamo alle note meno felici.
 
L'articolo 23, comma 6, recita (n.d.r. enfasi aggiunta) “In caso di fallimento del concedente il contratto prosegue, fatta salva l'applicazione dell'articolo 67, comma 3, lettera c), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.”.

La norma prevede, quindi, la prosecuzione del contratto (n.d.r. i cui effetti non sono, quindi, compiutamente esauriti) ma nulla chiarisce circa gli obblighi in capo al curatore di addivenire alla stipula del contratto definitivo (cfr. artt. 72, commi 3, 7 e 8 nonché 80 L.F.).  

La norma - con l'impropria locuzione “fatta salva” - richiama solamente altra norma fallimentare in tema di esenzione della revocatoria per i contratti preliminari conclusi a giusto prezzo aventi ad oggetto gli immobili ad uso abitativo destinati ad abitazione principale. 

Ancora più criptico appare il secondo periodo del comma 6 il quale recita (n.d.r. enfasi aggiunta): “In caso di fallimento del conduttore, si applica l'articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni: se il curatore si scioglie dal contratto, si applicano le disposizioni di cui al comma 5”.

Il comma 5 è riferito all'art.72 L.F. o all'art. 23 della norma in commento ? Opterei per la seconda ipotesi ma sorge un ulteriore dubbio: è valida la previsione dell'articolo 72, comma 8, L.F. ?  

L'unico dato certo è quello testuale e cioè che, in caso di fallimento del conduttore (n.d.r. soggetto, quindi, fallibile), è testualmente prevista la facoltà del curatore di sciogliersi dal contratto (n.d.r. i cui effetti non sono compiutamente eseguiti). 

Ora analizziamo, in estrema sintesi e senza pretesa di esaustività, la fattispecie sul piano puramente civilistico.

Il contratto prevede (cfr. comma 1) il diritto del conduttore di acquistare l'immobile ma esso è un diritto a concludere il contratto definitivo di compravendita ovvero è una facoltà ?  

Soccorre (forse) il comma 1-bis il quale recita “Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell'immobile entro il termine stabilito”. 

Parrebbe (il condizionale è d'obbligo) una facoltà da parte del conduttore sulla scorta del meccanismo del mancato esercizio (entro il termine pattuito) del diritto d'opzione a cui consegue il diritto del conduttore (e il corrispondente obbligo del concedente) alla restituzione di quota parte dei canoni imputati a corrispettivo (diventati, quindi, un indebito?). 

Il comma 3 nell'ultimo paragrafo recita: “In caso di inadempimento si applica l'articolo 2932 del codice civile.”. 

Tale locuzione del tutto impersonale e “vagante” sarebbe riferibile (anche qui il condizionale è d'obbligo) alla ipotesi in cui – manifestata la volontà da parte del conduttore di acquistare l'immobile – il concedente si rifiuti di addivenire alla stipula del contratto definitivo ovvero il conduttore (esercitata la predetta facoltà) “ci ripensi” e non adempia alla propria obbligazione. 

In tale caso, la parte non inadempiente potrebbe quindi agire giudizialmente per l'adempimento del contratto ovvero (i) il conduttore potrebbe agire per la risoluzione del contratto e pretendere (ex comma 5) la restituzione della parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali mentre (ii) il concedente potrebbe agire per la restituzione dell'immobile, trattenendo i canoni a titolo di indennità.

Se, diversamente ragionando, il diritto a concludere il contratto definitivo di compravendita fosse bilaterale, non si comprende il tenore della disposizione del comma 1-bis sopra citato.  

Merita un ultimo accenno il comma 2 che recita (n.d.r. enfasi aggiunta): “Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo.”. 

La locuzione “il contratto si risolve in caso di” lascia piuttosto basiti poiché richiama alla mente la locuzione dell'articolo 1456 c.c. 

E ancora. Quid iuris nel caso in cui le parti pattuiscano un numero esiguo di rate o, per converso, un numero altissimo di rate ? Miglior cosa sarebbe stato prevedere un meccanismo ancorato anche al corrispettivo sulla scorta di quanto previsto all'art. 1525 c.c. 

Da ultimo il Legislatore non ha chiarito nulla circa l'impatto fiscale (sia per le imposte dirette sia per le imposte indirette) di una tale fattispecie contrattuale (cfr. rinvio al puntuale - ma precedente - contributo del Consiglio Nazionale del Notariato nello studio n.490-2013/T).  

Pare a chi scrive che il Legislatore – pur nella meritoria volontà di dare una disciplina alla fattispecie già presente nella prassi - abbia perso l'occasione di normare in modo puntuale ed esaustivo sia gli aspetti civili sia quelli fiscali.

Sarà ancora una volta compito degli interpreti e della successiva giurisprudenza colmare tale lacuna.  

Salvisiuribus

1  Art. 8. Riscatto a termine dell'alloggio sociale

1. Le convenzioni che disciplinano le modalità di locazione degli alloggi sociali di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, adottato in attuazione dell’articolo 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9, possono contenere la clausola di riscatto dell’unità immobiliare e le relative condizioni economiche. La clausola comunque non può consentire il riscatto prima di sette anni dall’inizio della locazione. Il diritto al riscatto può essere esercitato solo dai conduttori privi di altra abitazione di proprietà adeguata alle esigenze del nucleo familiare. Chi esercita il riscatto non può rivendere l’immobile prima dello scadere dei cinque anni.

2. Fino alla data del riscatto, il conduttore può imputare parte dei corrispettivi pagati al locatore in conto del prezzo di acquisto futuro dell'alloggio e per altra parte in conto affitto; ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive, i corrispettivi si considerano canoni di locazione, anche se imputati in conto del prezzo di acquisto futuro dell'alloggio e ad essi si applicano le disposizioni dell'articolo 6 ove ne ricorrano le condizioni.

3. Ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive, i corrispettivi delle cessioni degli alloggi di edilizia sociale si considerano conseguiti alla data dell'eventuale esercizio del diritto di riscatto dell'unità immobiliare da parte del conduttore e le imposte correlate alle somme percepite in conto del prezzo di acquisto futuro dell'alloggio nel periodo di durata del contratto di locazione costituiscono un credito d'imposta.

4. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono disciplinate le clausole standard dei contratti locativi e di futuro riscatto, le tempistiche e gli altri aspetti ritenuti rilevanti nel rapporto, nonché le modalità di determinazione e di fruizione del credito d'imposta.

5. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano ai contratti di locazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà, stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.