24 novembre 2015

Trascrizione domanda ex art. 2932 c.c. e Fallimento - Cass.Civ. (SU) n.18131 del 2015

Avevo dato conto in un precedente abstract del tema della opponibilità (o meno) al fallimento della trascrizione dell'azione giudiziale ex art. 2932 c.c. (da parte il promissario acquirente in bonis)  prima della sentenza di fallimento del promittente venditore.

La sentenza che accoglie la domanda (e produce gli effetti del contratto definitivo non concluso) è opponibile al Curatore e/o la trascrizione antecedente preclude al curatore la facoltà di sciogliersi dal contratto ex art. 72 L.F.?


Dopo la sentenza della Cassazione Civile, Sezioni Unite, 7 luglio 2004, n.12505 (la quale, con un renvirement rispetto al pregresso orientamento giurisprudenziale, aveva sancito l'opponibilità della domanda nei confronti del fallimento: peraltro su altra fattispecie), la Suprema Corte era tornata sui propri passi con le sentenze nn.10436/05, 20451/05, 28479/05, 46/06, 542/06, 4888/07, 33/08, 17405/09, 27111/13, 27854/13 e 28668/13.

In sintesi la giurisprudenza maggioritaria continuava a propendere per attribuire al curatore detta facoltà, consentendogli d'impedire giudizialmente (e con il solo limite di un giudicato anteriore al fallimento) l'effetto traslativo (ovvero l’esecuzione in forma specifica).

La fattispecie, quindi, era approdata alle Sezioni Unite, mediante ordinanza n. 27111 del 4 dicembre 2013 della Prima Sezione della Corte di Cassazione (l'Ill.mo Presidente dott. Rordorf).
Ebbene. 


La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 18131 del 16 settembre 2015, si è pronunciata ribadendo pienamente il proprio precedente a Sezioni Unite del 2004.

La Corte - con pregevole motivazioni - ha statuito che non vi sono elementi per ritenere che i casi citati dall'art. 72 L.F. siano eccezione ad una regola opposta o piuttosto applicazione specifica della regola stessa.

Il dato testuale dell'art. 72 L.F. è ambiguo e non risolutivo. Soccorrono - prosegue la Corte  - due dati ermeneutici: il dato sistematico e la ratio legis.

L'articolo 45 L.F. va coordinato con gli articoli 2652 e 2915 c.c. così che la trascrizione ex artt. 16 e 17 L.F. della sentenza di fallimento posteriore alla trascrizione della domanda ex art. 2652, n.2 c.c. non spiega i suoi effetti nei confronti del promissario acquirente a mente dell'art. 45 L.F.

La Corte - a fronte di questo impianto normativo - non trova ragioni logico-giuridiche per introdurre una eccezione per le sole domande ex art. 2932 c.c. sulla scorta di una generale intangibilità (non codificata per la fattispecie in esame) del patrimonio del fallito.

La Suprema Corte, inoltre, indaga sull'altro criterio ermeneutico e cioè l'intenzione del legislatore.

Nel bilanciamento degli interessi confliggenti (entrambi meritevoli di tutela) i Giudici di piazza Cavour assumono come la durata del processo non possa danneggiare la parte che ha ragione, principio ormai consolidato nel nostro sistema giuridico.

Pertanto al Curatore non è impedito di recedere dal contratto preliminare ma tale recesso non ha effetti nei confronti del promissario acquirente che ha proposto (e trascritto) la domanda ex art. 2932 c.c. anteriormente alla sentenza di fallimento e, successivamente, risulti vittorioso nell'azione.

Diversamente ragionando i tempi della giustizia andrebbero a minare la parte vittoriosa precludendogli l'effetto prenotativo dell'art. 2562 n. 2 c.c.

Non posso che citare testualmente il ragionamento conclusivo della Suprema Corte:
«Quel che si vuol dire è che l'interpretazione si evolve in sintonia con l'evoluzione del sistema giuridico e che certi principi - assurti quasi a dogma - come quello della intangibilità del patrimonio del fallito al momento della dichiarazione di fallimento devono essere costantemente adeguati ad un sistema giuridico in movimento.»
Grandissima lezione di diritto degli ermellinati.