24 febbraio 2015

Perdite su crediti – evoluzioni

Avevo trattato in un altro abstract delle perdite su crediti alla luce delle modifiche introdotto dall’articolo 33, comma 5, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83.

Successivamente lo stesso comma è stato modificato dall’articolo 1, comma 160, lettera b), della Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014); è poi intervenuta la Circolare della Agenzia delle Entrate n. 26/e del 2013 (nonché la Circolare Assonime n.18 del 30 maggio 2014).

La materia è altresì oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali: da ultimo segnalo l'ordinanza della  Cassazione Civile del 14 gennaio 2015, n. 403.


Conviene citare la norma nella sua attuale formulazione:

Art. 101, comma 5, TUIR
[omissis]
5. Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti, diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell'articolo 106, sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore e' assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese.
Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto.
Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili.”.

La definitività della perdita su crediti, in alcune fattispecie, sussiste con una presunzione ex lege (come nel caso di crediti vantati nei confronti di debitori assoggettati a procedure concorsuali o nei c.d. micro-crediti scaduti) mentre in altre fattispecie la sussistenza degli elementi precisi e certi promana da oggettive circostanze secondo la corretta applicazione dei principi contabili (perdite estimative) o da circostanze fattuali (perdite valutative).
Per le perdite valutative il carattere di definitività deriva:

a) da una circostanza esterna ufficialmente conclamata (quindi certa e precisa) ad opera di un soggetto terzo indipendente e non rimessa alla mera valutazione del creditore: il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria o l'accordo di ristrutturazione e, come chiarito dalla circolare della Agenzia delle Entrate n.26/e, una procedura concorsuale estera “... purché … presenti le stesse caratteristiche sostanziali delle procedure concorsuali nazionali, prima fra tutte, l’esistenza dell’accertamento della situazione di illiquidità da parte di un’autorità giurisdizionale o amministrativa” (n.d.r. aggiungerei anche la crisi da sovraindebitamento);

b) da altri elementi oggettivi che inducono a ritenere che i crediti non siano più realizzabili1.  

Sottolineo come il plurale "elementi" lasci intendere che un solo elemento non è di sicuro sufficiente ai fini della prova della certezza della perdita (cfr. ex multis Cass. Civ. n. 14568/2001).

In caso di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria, il contribuente sarà chiamato a dimostrare (con ogni mezzo di prova utilizzabile nel processo tributario) la definitività della perdita.

In concreto ed estrema sintesi, la deducibilità delle perdite su crediti, ai fini fiscali, è possibile solo in presenza di determinate condizioni:

- il credito è scaduto da più di sei mesi ed è di importo non superiore a 2.500 o 5.000 euro (n.d.r. è il valore nominale del credito – al netto degli incassi - e prescindendo da eventuali svalutazioni effettuate in sede contabile e fiscale, comprensivo di IVA di rivalsa addebitata dall’impresa ed esclusi gli interessi di mora e gli oneri accessori. In caso di subentro nella titolarità del credito per effetto di atti traslativi, l'importo è il costo di acquisto);

- il debitore è stato investito da una procedura concorsuale (es. fallimento, concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti e - aggiungerei - crisi da sovra-indebitamento);

- il credito risulta prescritto (criterio ora assorbito dal successivo);

- il credito è stato cancellato dal bilancio in applicazione dei principi contabili.

L'ultimo criterio (oggetto di recente modifica legislativa, così superando la disparità di trattamento tra imprese IAS/IFRS Adopter ed imprese che adottano i principi contabili nazionali, cfr. OIC 15 "Perdite su Crediti") comprende le c.d. perdite su crediti di natura realizzativa derivanti da atti di natura dispositiva a carattere permanente: ad es. la cessione pro soluto, la rinuncia, la transazione (n.d.r. quando motivata dalle difficoltà finanziarie del debitore stesso) e la prescrizione (n.d.r. valgono in ogni caso sia il principio generale d'inerenza sia il divieto di comportamenti elusivi)2

A fronte del dato normativo, nell'ambito giurisprudenziale, il dato unitario che emerge (pur nelle molteplici questioni di ogni singola fattispecie) è la ponderazione degli elementi fomiti dalla parte contribuente per ritenere il credito perso, ponderazione che, di fatto, risulta incensurabile (implicando indagini sul merito precluse) in sede di legittimità (cfr. Cass. Civ. n. 14568/2001 cit.; Cass. Civ. n. 16330/2005; Cass. Civ. n. 19918/2005).











1 “Tale situazione può senz’altro essere verificata in presenza di un decreto accertante lo stato di fuga, di latitanza o di irreperibilità del debitore, ovvero in caso di denuncia di furto d’identità da parte del debitore ex articolo 494 del codice penale o nell’ipotesi di persistente assenza del debitore ai sensi dell’articolo 49 del codice civile ...” (cfr. Circolare della Agenzia Entrate, n.26/E, 1 agosto 2013). E ancora: “Al di fuori delle predette ipotesi, possono considerarsi come sufficienti elementi di prova ai fini della deducibilità della perdita, tutti i documenti attestanti l’esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore (ad esempio, il verbale di pignoramento negativo), sempre che l’infruttuosità delle stesse risulti anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore, assoluta e definitiva. (cfr. Circolare della Agenzia Entrate, n.26/E, 1 agosto 2013).
Un altro utile elemento di prova, a corredo di ripetuti tentativi di recupero senza esito, può essere rappresentato dalla documentazione idonea a dimostrare che il debitore si trovi nell’impossibilità di adempiere per un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale e che, pertanto, è sconsigliata l’instaurazione di procedure esecutive. Al riguardo, possono essere tenute in considerazione le lettere di legali incaricati della riscossione del credito (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 3862 del 16 marzo 2001) o le relazioni negative rilasciate dalle agenzie di recupero crediti di cui all’articolo 115 del TULPS in ipotesi di mancato successo nell’attività di recupero, sempre che nelle stesse sia obiettivamente identificabile il credito oggetto dell’attività di recupero, l’attività svolta per recuperare tale credito e le motivazioni per cui l’inesigibilità sia divenuta definitiva a causa di un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale del debitore.” (cfr. Circolare della Agenzia Entrate, n.26/E, 1 agosto 2013).

2 L’assenza di valide ragioni, a giustificazione del comportamento assunto, potrebbe essere eccepita dalla amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (cfr. Cass. Civ. 24 luglio 2002, n. 10802), così come resta impregiudicato il potere dell’amministrazione finanziaria di sindacare la congruità della perdita sotto il profilo dell’elusività dell’operazione, ai sensi dell’articolo 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.