18 giugno 2015

Domanda costitutiva e domanda dichiarativa - Cass. Civ. Sez. Un. n.12310/2015

Avevo trattato dell'ordinanza interlocutoria n.2096 del 30 gennaio 2014 di rimessione ex art. 374 c.p.c. al Primo Presidente da parte della II Sezione Civile della Corte di Cassazione affinchè le Sezioni Unite si pronunciassero sul quesito dedotto nel primo motivo del ricorso che, per comodità, riporto nel punto saliente:
"dica la S.C. se la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre ai sensi dell'art. 2932 c.c. è diversa dalla domanda di accertamento del trasferimento della proprietà per petitum e causa petendi e se, quindi, la modifica della domanda dall'una all'altra costituisce mera emendatio libelli o vera e propria mutatio libelli.".

Con la sentenza n. 12310 del 15 giugno 2015 la Suprema Corte ha composto in contrasto giurisprudenziale enunciando il principio secondo il quale  la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali. 

Ne consegue l’ammissibilità della modifica, nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ., dell’originaria domanda formulata ex art. 2932 cod. civ. con quella di accertamento dell’avvenuto effetto traslativo.


La sentenza in commento ribalta il principio enunciato da una precedente sentenza (n.d.r. n.1731 del 1996 emessa sempre a Sezioni Unite) la quale aveva composto il contrasto in senso negativo, statuendo che la domanda di accertamento del trasferimento - in  luogo della originaria domanda costitutiva ex art. 2932 c.c. - dovesse considerarsi una mutatio libelli e non una semplice emendatio libelli.

Ora la Suprema Corte - nel solco dell'orientamento giurisprudenziale anteriore al 1996 (cfr. ex multis Cass. Civ. n.11840/1991, Cass. Civ. n.6740/1987 e Cass. Civ. 1788/1983) - è tornata sul punto ed ha sviluppato la fattispecie, con una pregevole e approfondita motivazione anche teorica ed esegetica dell'art. 183 c.p.c..

Nel presente abstract, per ragioni di sintesi, non è agevole condensare in poche righe le dotte motivazioni espressa dalla Corte. 

La Suprema Corte ha statuito - con un procedimento logico giuridico assai articolato - che la “modificazione” ammessa non possa ridursi ad una mera precisazione della domanda o addirittura ad una mera diversa qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto ma una legittima "messa a fuoco" della domanda, nel rispetto dei tempi processuali  (della barriere preclusive) e della altrui difesa (sempre nell'alveo della medesima vicenda sostanziale dedotta o comunque ad essa collegata e connessa).

Inoltre la domanda "modificata" non si aggiunge alla domanda iniziale ma la sostituisce, realizzando "... la concentrazione nello stesso processo e dinanzi allo stesso giudice delle controversie aventi ad oggetto la medesima vicenda sostanziale...", rispettosa sia dell'economia processuale sia della ragionevole durata del processo.