12 marzo 2021

Business Judgement Rule e assetti organizzativi

I principi della Business Judgement Rule (c.d. BJR) costituiscono le regole di origine giurisprudenziale che sanciscono l'insindacabilità, da parte degli organi giudiziari, delle scelte gestorie compiute dagli amministratori della società.

In altri termini, gli amministratori sono esenti da responsabilità nei confronti della società per le decisioni imprenditoriali assunte, anche nel caso in cui le stesse (ex post) si rivelino errate/inopportune sotto il profilo economico (convenienza, opportunità, remuneratività).

Tale insindacabilità, ovviamente, incontra dei limiti poiché le scelte degli amministratori devono essere assunte nei limiti della legge e non in conflitto di interessi; esse, inoltre, devono essere ragionevoli ex ante. Infine l'operato degli amministratori deve avvenire sempre in modo informato e con la cautela e diligenza propria dell'incarico assunto.

Tali regoli semplice da descrivere in astratto, poi, debbono essere applicate al singolo caso concreto e la valutazione del rispetto delle BJR è terreno di scontro nella aule giudiziali.

Fatta questa sintetica premessa, i principi della Business Judgement Rule avranno un ruolo essenziale anche per gli assetti organizzativi della società.

Il tema è di grande attualità.

Infatti, il comma 2° dell’art. 2086 c.c. (modificato dall'art. 375 del Codice della Crisi d’Impresa), sancisce che «l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».

Il tema degli assetti organizzativi era già presente nel nostro ordinamento (cfr. art. 2381 c.c.) ma detto obbligo rientrava nell'alveo del più generale dovere di diligenza gravante sull’organo gestorio.

Con l'intervenuta novella del CCI, detto dovere è collegato anche funzionalmente alla rilevazione tempestiva della crisi d'impresa e della perdita della continuità aziendale, imponendo di adottare gli strumenti volti ad evitare l'irreversibilità della crisi stessa.

Pertanto, di primo acchito, la violazione dell'obbligo di adottare un assetto organizzativo adeguato non sembrerebbe più riconducibile ad una violazione del criterio generale di diligenza ma integrerebbe un inadempimento di un obbligo a contenuto specifico.

La conseguenza di detta violazione consente – comunque - l’applicazione della Business Judgement Rule ?

Non vi è una risposta univoca: non si può tout court negare l'applicazione della BJR per il solo fatto che si tratti di una scelta organizzativa (e non gestoria) sia pure resa ancora più stringente per evitare la crisi dell'impresa.

D'altra parte non sarà irrilevante il tema della distinzione tra assetti organizzativi inadeguati e assetti organizzativi mancanti, specie se la conseguenza fosse quella del default della società.

Una possibile soluzione risiede nella formulazione della norma stessa che parla di “adeguatezza” e cioè un concetto lato che, a ben vedere, si risolve in una gestione (ancorché essenziale) della società.

Essa ha un contenuto aperto, o meglio, non predeterminato

Pertanto la valutazione sulla errata scelta degli assetti organizzativi – che deve comunque essere compiuta ex ante avuto riguardo alle circostanze al momento del compimento di quell’atto – deve comunque essere letta, a mio avviso, alla luce dei principi della BJR.

Il solo limite è quello proprio delle regole elaborate dalla BJR: la scelta dell'assetto organizzativo deve sottostare ai criteri di legittimità, di ragionevolezza e prudenza.

Una prima pronuncia sul tema – sia pure in sede cautelare – è stata emessa dal Tribunale di Roma, con l'ordinanza dell'8 aprile 2020, secondo il quale «... la scelta organizzativa rimane pur sempre una scelta afferente al merito gestorio, per la quale vale il criterio della insindacabilità e ciò pur sempre nella vigenza dei limiti sopra esposti e, cioè, che la scelta effettuata sia razionale (o ragionevole), non sia ab origine connotata da imprudenza tenuto conto del contesto e sia stata accompagnata dalle verifiche imposte dalla diligenza richiesta dalla natura dell'incarico ...».

Ritengo che la motivazione sia coerente con i principi elaborati dalla BJR e consenta di evitare di intraprendere una strada pericolosa”: i procedimenti decisionali delle società non possono essere oltremodo compressi, riverberando sulle libere scelte degli organi gestori.

© Avv. Luca Campana | SLC – Studio Legale Campana