Il
tema della cessione di quote di srl con riserva di proprietà è
sicuramente complesso; sia la dottrina sia la giurisprudenza hanno a
lungo disquisito sulla possibilità di utilizzare (o meno) l’istituto
della vendita con riserva di proprietà (ex art. 1523 c.c.) alla cessione della quota sociale di S.r.l.
Tale dibattito discendeva dalla qualificazione della
quota sociale ma con la nota riforma societaria (e l’introduzione degli
artt. 2470, 2471 e 2471-bis c.c.) pare acclarato attribuire la natura di
bene giuridico alla quota di S.r.l.
Senza avere la pretesa di qualificare la cessione di
quote con riserva di proprietà (si rimanda – in tal senso – ad ampia ed
autorevolissima dottrina sul punto) si pongono numerosi interrogativi
sulle vicende circolatorie della quota con riserva di proprietà (specie
con l’abrogazione dell’obbligo del libro-soci ex art. 2478
c.c.), sull’opponibilità ai terzi delle titolarità giuridica del bene
(con i connessi problemi di pubblicità nel Registro della Imprese) e –
soprattutto – sulla titolarità dei diritti parziari connessi con la
proprietà della quota stessa.
Nel presente contributo mi limito a segnalare che la clausola debba essere intesa nella sua funzione di garanzia in
favore del venditore (con differimento dell’effetto traslativo).
Tuttavia le parti vogliono, in modo definitivo alla stipula, il
trasferimento (e da qui l’operatività – ad esempio – di clausole di
gradimento o prelazione alla stipula) a cui segue l’obbligo di
iscrizione nel Registro Imprese.
L’effetto differito del trasferimento opera proprio per dotare il
venditore di una garanzia reale ma, per converso, l’acquirente – già
alla cessione – gode di una posizione giuridica soggettiva propria (e
forse anche reale) opponibile a terzi che si attaglia direttamente alla
quota stessa.
La scissione tra titolarità della quota e l’esercizio dei diritti
connessi è il punto più critico ma la fattispecie è titolata e la
disponibilità della quota è nelle mani dell’acquirente sicchè esso potrà
esercitare diritti parziari connessi con la qualità di socio.
Data la delicatezza della questione, le parti usualmente disciplinano
in modo dettagliato i diritti esercitabili dall’acquirente, dal
venditore ovvero congiuntamente
Ebbene. Segnalo tre importanti contributi sulla materia.
Si tratta dello Studio n.99-2012/I (pubblicato
il 16 giugno 2013) del Consiglio Nazionale del Notariato proprio sulla
vendita con riserva di proprietà che tratta in modo esauriente i vari
aspetti e le due nuove massime (la n.15 e 16)
redatte dall’Osservatorio del Comitato Regionale Notarile Lombardo (di
concerto con i Conservatori dei registri delle imprese della Lombardia),
in tema di deposito e l’iscrizione di cessioni di partecipazioni di
società a responsabilità limitata e di aziende soggette a condizione
sospensiva o risolutiva ovvero con riserva di proprietà.
In estrema sintesi, pare ormai indubitale (ed anzi
obbligatorio) il deposito dell’atto presso il Registro della imprese
entro 30 giorni dalla stipula, utilizzando – a margine del nominativo
dell’acquirente – l’annotazione della dicitura “con riserva di
proprietà” (nella apposito campo VINCOLI o NOTE).
Al verificarsi dell’avvenuto pagamento integrale del
prezzo, la relativa comunicazione depositata eliderà la sopracitata
annotazione ovvero – nel caso opposto di mancato saldo del prezzo – alla
relativa comunicazione seguirà il reinserimento del nominativo del
cedente.
Quanto alla titolarità del soggetto che possa compiere tali depositi, la massima n.15 cita espressamente entrambe le parti salvo che la prova dell’integrale pagamento del prezzo (o meno) si ricavabile aliunde da documenti che facciano stato; in tal caso sarebbe sufficiente la comunicazione di una sola della parti.