25 febbraio 2014

Revoca degli amministratori e modifiche statutarie

Con la sentenza n. 21342 del 18 settembre 2013 la Corte di Cassazione torna sul tema della revoca per giusta (o meno) di membri dell’organo amministrativo di società di capitali per effetto implicito di decisioni assembleari.
In particolare, la fattispecie sottoposta alla Suprema Corte inerisce alla modifica statutaria dell’organo amministrativo per volontà dell’assemblea dei soci.
Detta modifica – ad avviso della Corte – costituisce revoca implicita (il tema delle delibere implicite è un argomento di sicuro interesse e sarà oggetto di altro abstract) degli amministratori che risultano “incompatibili” con il nuovo assetto dell’organo di amministrazione.
Nella specie, l’assemblea dei soci aveva deliberato di nominare un amministratore unico in luogo dell’organo amministrativo collegiale.
Ebbene. La Suprema Corte – pur riconoscendo sovranità all’assemblea dei soci nell’esercizio del potere di auto-organizzazione della società – afferma che quello stesso potere non può costituire una “giusta causa” di revoca (sia pure implicita) poiché debbono sussistere altre ragioni specifiche che minino il pactum fiduciae dei membri dell’organo gestorio.
In sintesi la Suprema Corte si uniforma ai propri precedenti (cfr. ex multis Cassazione Civile, 19 novembre 2008, n.27512 in tema di riduzione del numero dei componenti del consiglio di amministrazione per direttiva della capogruppo; Cassazione Civile 7 maggio 2002, n. 6526 in tema di passaggio da organo monocratico ad organo collegiale) e conferma che la revoca – seppure non formalizzata con una esplicita manifestazione di volontà – è certamente implicita.
D’altronde la deliberazione del mutamento dell’organo amministrativo determina la caducazione della precedente delibera di nomina e rende i membri in esubero (o “sostituiti”) incompatibili con il contenuto della nuova delibera assembleare, non essendo ipotizzabile una continuità soggettiva nell’attività gestoria integrata dal mutamento dell’organo amministrativo.
A tale revoca – pur (si ribadisce) nel potere dei soci – non si accompagna automaticamente una giusta causa oggettiva o soggettiva che richiede, invece, un plus costituito da sopravvenute situazioni o circostanze tali da elidere l’affidamento inizialmente riposto nell’organo gestorio.
In definitiva le scelte di governance societaria da parte dell’assemblea dei soci che determinino una revoca degli amministratori non coincide automaticamente con la rottura del pactum fiduciae poiché si giungerebbe ad incidere sul mandato degli amministratori in base a mere volontà organizzative, il che è illegittimo dato il c.d. principio di tassatività degli atti unilaterali con efficacia per i terzi.