- Con la sentenza n. 21342 del 18 settembre 2013 la Corte di Cassazione torna sul tema della revoca per giusta (o meno) di membri dell’organo amministrativo di società di capitali per effetto implicito di decisioni assembleari.
In particolare, la fattispecie sottoposta alla
Suprema Corte inerisce alla modifica statutaria dell’organo
amministrativo per volontà dell’assemblea dei soci.
Detta modifica – ad avviso della Corte – costituisce
revoca implicita (il tema delle delibere implicite è un argomento di
sicuro interesse e sarà oggetto di altro abstract) degli amministratori che risultano “incompatibili” con il nuovo assetto dell’organo di amministrazione.
Nella specie, l’assemblea dei soci aveva deliberato
di nominare un amministratore unico in luogo dell’organo amministrativo
collegiale.
Ebbene. La Suprema Corte – pur riconoscendo sovranità
all’assemblea dei soci nell’esercizio del potere di auto-organizzazione
della società – afferma che quello stesso potere non può costituire una
“giusta causa” di revoca (sia pure implicita) poiché debbono sussistere
altre ragioni specifiche che minino il pactum fiduciae dei membri dell’organo gestorio.
In sintesi la Suprema Corte si uniforma ai propri precedenti (cfr. ex multis Cassazione
Civile, 19 novembre 2008, n.27512 in tema di riduzione del numero dei
componenti del consiglio di amministrazione per direttiva della
capogruppo; Cassazione Civile 7 maggio 2002, n. 6526 in tema di
passaggio da organo monocratico ad organo collegiale) e conferma che la
revoca – seppure non formalizzata con una esplicita manifestazione di
volontà – è certamente implicita.
D’altronde la deliberazione del mutamento dell’organo
amministrativo determina la caducazione della precedente delibera di
nomina e rende i membri in esubero (o “sostituiti”) incompatibili con il
contenuto della nuova delibera assembleare, non essendo ipotizzabile
una continuità soggettiva nell’attività gestoria integrata dal mutamento
dell’organo amministrativo.
A tale revoca – pur (si ribadisce) nel potere dei soci – non si accompagna automaticamente una giusta causa oggettiva o soggettiva che richiede, invece, un plus costituito da sopravvenute situazioni o circostanze tali da elidere l’affidamento inizialmente riposto nell’organo gestorio.
In definitiva le scelte di governance societaria
da parte dell’assemblea dei soci che determinino una revoca degli
amministratori non coincide automaticamente con la rottura del pactum fiduciae poiché
si giungerebbe ad incidere sul mandato degli amministratori in base a
mere volontà organizzative, il che è illegittimo dato il c.d. principio
di tassatività degli atti unilaterali con efficacia per i terzi.