Il tema è di
particolare interesse alla luce delle recenti sentenze di merito e di
legittimità di cui darò conto qui di seguito.
Conviene,
innanzitutto, citare le norme di riferimento.
Sui presupposti
per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, l'art. 160,
comma 2, L.F. (così come modificato dall’art. 12 del D.Lgs. 12
settembre 2007, n. 169) prevede che:
“La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.” (n.d.r. enfasi aggiunta).
Sul concordato
preventivo in continuità l'art. 186-bis L.F. (articolo
aggiunto dall'art. 33 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con
Legge 7 agosto 2012, n. 134) . prevede, al comma 2 lett. c),
che:
“c) il piano può prevedere, fermo quanto disposto dall'articolo 160, secondo comma, una moratoria sino ad un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto.” (n.d.r. enfasi aggiunta).
Ebbene.
In un Concordato Preventivo di tipo liquidatorio è possibile
prevedere la dilazione di pagamento dei crediti privilegiati?
La
Suprema Corte, sez. I, con sentenza del 9 maggio 2014, n.10112 ha
ammesso tale principio statuendo che “... se la regola generale è
quella del pagamento non dilazionato dei crediti privilegiati, allora
il pagamento dei crediti medesimi con dilazione superiore a quella
imposta dai tempi tecnici della procedura (e della stessa
liquidazione, in caso di concordato c.d. “liquidativo”) equivale
a soddisfazione non integrale di essi. Ciò a causa della perdita
economica conseguente al ritardo (rispetto ai tempi “normali”)
con il quale i creditori conseguono la disponibilità delle somme
spettanti.”.
L'equiparazione
del pagamento dilazionato a quello parziale sarebbe consentita sia in
ragione della natura innovativa e “correttiva” del D.Lgs
n.169/2007 che ha modificato l'articolo 160 L.F. sia
dell'ammissibilità della dilazione per i crediti privilegiati ex
art. 182-ter L.F. (in tema di transazione fiscale) sia, infine con un
ragionamento a contrario, per la presenza della moratoria
prevista dall'art. 186-bis L.F. per i concordati in continuità.
Tale
assunto è stato nuovamente confermato da altra pronuncia della Corte
di Cassazione, sez. I, 26 settembre 2014, n.20388.
Per
converso il Tribunale di Monza, con sentenza del 23 settembre 2014
(pubblicata su www.ilcaso.it) ha criticato
tale interpretazione poiché non vi è “... una necessaria
corrispondenza […] tra pagamento non integrale e pagamento
dilazionato, dato che da una parte, nell'art. 186-bis l. fall. trova
applicazione il disposto dell'art. 160, secondo comma, ossia la
possibilità di un pagamento non integrale del credito in caso di
incapienza dei beni oggetto di prelazione, anche quando la
possibilità di dilazione è esclusa, dall'altra l'art. 182-ter
l.fall. consente la dilazione del pagamento dell'IVA, ma non la sua
decurtazione.” (n.d.r. enfasi aggiunta).
I
Giudici monzesi hanno quindi affermato che “... non può sostenersi
che il pagamento dilazionato, non espressamente previsto, sia
giustificato dall'espressa previsione di una soddisfazione non
integrale ai sensi e per gli effetti dell'art. 160 comma 2 l. fall.”.
Inoltre
l'articolo 186-bis l. fall. non implicherebbe la possibilità di una
moratoria per qualsiasi concordato ed essa sarebbe inammissibile ove
sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la
causa di prelazione.
È
proprio la mancata liquidazione dei beni gravati (“funzionali alla
prosecuzione dell'attività d'impresa”) che consente la dilazione
del pagamento in un concordato in continuità.
Tali
motivazioni mi trovano perfettamente d'accordo in quanto il fulcro
dell'impianto concordatario è la soddisfazione dei creditori e
l'articolo 160, comma 2, L.F. (ove applicabile) consente una
riduzione solo quantitativa della soddisfazione e non una
(automatica) soddisfazione dilazionata.
Ogni
interpretazione estensiva della norma in parola sarebbe illegittima e
solo una modifica legislativa della norma (che auspico) consentirebbe
di appianare i contrasti giurisprudenziali sopra citati.