Avevo trattato in un altro
abstract delle
perdite su crediti alla luce delle modifiche introdotto dall’articolo
33, comma 5, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83.
Successivamente lo stesso comma è stato modificato
dall’articolo 1, comma 160, lettera b), della Legge 27 dicembre
2013, n. 147 (legge di stabilità 2014); è poi intervenuta la
Circolare della Agenzia delle Entrate n. 26/e del 2013 (nonché la
Circolare Assonime n.18 del 30 maggio 2014).
La materia è altresì oggetto di numerose pronunce
giurisprudenziali: da ultimo segnalo l'ordinanza della
Cassazione Civile del 14 gennaio 2015, n. 403.
Conviene citare la norma nella sua attuale
formulazione:
“Art. 101, comma 5, TUIR
[omissis]
5. Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate
al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti,
diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell'articolo 106,
sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi
e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore e'
assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di
ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis
del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Ai fini del presente comma, il debitore si considera
assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza
dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la
liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla
procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione
dell'accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la
procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in
crisi.
Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni
caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un
periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito
stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad
un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più
rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del
decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a
2.500 euro per le altre imprese.
Gli elementi certi e precisi sussistono
inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è
prescritto.
Gli elementi certi e precisi sussistono
inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio
operata in applicazione dei principi contabili.”.
La definitività della perdita su crediti, in alcune fattispecie, sussiste con una
presunzione ex lege (come
nel caso di crediti vantati nei confronti di debitori assoggettati
a procedure concorsuali o nei c.d. micro-crediti
scaduti) mentre in altre fattispecie la
sussistenza degli elementi precisi e certi promana da oggettive circostanze secondo la corretta applicazione dei principi contabili (perdite estimative) o da circostanze fattuali (perdite valutative).
Per le perdite valutative il carattere
di definitività deriva:
a) da una circostanza esterna ufficialmente
conclamata (quindi certa e precisa) ad opera di un soggetto terzo
indipendente e non rimessa alla mera valutazione del creditore: il
fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione
straordinaria o l'accordo di ristrutturazione e, come chiarito dalla
circolare della Agenzia delle Entrate n.26/e, una procedura
concorsuale estera “... purché … presenti le
stesse caratteristiche sostanziali delle procedure concorsuali
nazionali, prima fra tutte, l’esistenza dell’accertamento della
situazione di illiquidità da parte di un’autorità giurisdizionale
o amministrativa” (n.d.r. aggiungerei anche la
crisi da sovraindebitamento);
b) da altri elementi
oggettivi che inducono a ritenere che i crediti
non siano più realizzabili.
Sottolineo come il plurale "elementi" lasci intendere che un solo elemento non è di sicuro
sufficiente ai fini della prova della certezza della perdita (cfr. ex
multis Cass. Civ. n.
14568/2001).
In caso di accertamento da parte
dell’Amministrazione Finanziaria, il contribuente sarà chiamato a
dimostrare (con ogni mezzo di prova utilizzabile nel processo
tributario) la definitività della perdita.
In concreto ed estrema sintesi, la deducibilità
delle perdite su crediti, ai fini fiscali, è possibile solo in
presenza di determinate condizioni:
- il
credito è scaduto
da più di sei mesi
ed è di
importo non superiore a 2.500 o 5.000 euro (n.d.r.
è il valore nominale del credito – al netto degli incassi - e
prescindendo da eventuali svalutazioni effettuate in sede contabile e
fiscale, comprensivo di IVA
di rivalsa addebitata dall’impresa ed esclusi
gli interessi di mora e gli oneri accessori. In caso di subentro
nella titolarità del credito per effetto di atti traslativi,
l'importo è il costo di acquisto);
- il debitore è stato investito
da una procedura concorsuale (es. fallimento, concordato
preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti e -
aggiungerei - crisi da sovra-indebitamento);
- il credito risulta prescritto (criterio
ora assorbito dal successivo);
- il credito è stato cancellato
dal bilancio in applicazione dei principi contabili.
L'ultimo criterio (oggetto di recente modifica
legislativa, così superando la disparità di trattamento tra imprese
IAS/IFRS Adopter ed imprese che adottano i principi contabili
nazionali, cfr. OIC 15 "Perdite su Crediti") comprende le c.d. perdite su crediti di natura
realizzativa derivanti da atti di natura dispositiva a carattere
permanente: ad es. la cessione pro soluto, la rinuncia,
la transazione (n.d.r. quando motivata dalle difficoltà finanziarie del
debitore stesso) e la prescrizione (n.d.r. valgono in ogni caso sia
il principio generale d'inerenza sia il divieto di comportamenti
elusivi).
A fronte del dato normativo, nell'ambito giurisprudenziale, il dato unitario che emerge (pur nelle molteplici questioni di ogni singola fattispecie) è la
ponderazione degli elementi fomiti dalla parte contribuente per ritenere
il credito perso, ponderazione che, di fatto,
risulta incensurabile (implicando indagini sul merito precluse) in sede di legittimità (cfr. Cass. Civ. n. 14568/2001 cit.; Cass. Civ. n. 16330/2005; Cass. Civ. n.
19918/2005).