Avevo trattato dell'
ordinanza
interlocutoria n.2096 del 30 gennaio 2014 di rimessione ex art.
374 c.p.c. al Primo Presidente da parte della II Sezione Civile della
Corte di Cassazione affinchè le Sezioni Unite si pronunciassero sul
quesito dedotto nel primo motivo del ricorso che, per comodità,
riporto nel punto saliente:
"dica la S.C. se la domanda diretta
ad ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre ai sensi
dell'art. 2932 c.c. è diversa dalla domanda di accertamento del
trasferimento della proprietà per petitum e causa petendi
e se, quindi, la modifica della domanda dall'una all'altra
costituisce mera emendatio libelli o vera e propria mutatio
libelli.".
Con la
sentenza n. 12310 del 15 giugno 2015 la
Suprema Corte ha composto in contrasto giurisprudenziale enunciando
il principio secondo il quale la modificazione della domanda
ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare
anche uno o
entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“
petitum”
e “
causa petendi”), sempre che la domanda così modificata
risulti comunque
connessa alla vicenda sostanziale dedotta in
giudizio e senza che, perciò solo, si determini la
compromissione delle potenzialità difensive della controparte,
ovvero l’allungamento dei tempi processuali.
Ne consegue l’ammissibilità della modifica,
nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ., dell’originaria
domanda formulata ex art. 2932 cod. civ. con quella di accertamento
dell’avvenuto effetto traslativo.
La sentenza in commento ribalta il principio
enunciato da una precedente sentenza (n.d.r. n.1731 del 1996 emessa
sempre a Sezioni Unite) la quale aveva composto il contrasto in senso
negativo, statuendo che la domanda di accertamento del trasferimento
- in luogo della originaria domanda costitutiva ex art. 2932
c.c. - dovesse considerarsi una mutatio libelli e non una
semplice emendatio libelli.
Ora la Suprema Corte - nel solco dell'orientamento
giurisprudenziale anteriore al 1996 (cfr. ex multis Cass. Civ.
n.11840/1991, Cass. Civ. n.6740/1987 e Cass. Civ. 1788/1983) - è tornata sul punto ed ha
sviluppato la fattispecie, con una pregevole e approfondita motivazione
anche teorica ed esegetica dell'art. 183 c.p.c..
Nel presente abstract, per ragioni di
sintesi, non è agevole condensare in poche righe le dotte motivazioni
espressa dalla Corte.
La Suprema Corte ha statuito - con un
procedimento logico giuridico assai articolato - che la
“modificazione” ammessa non possa ridursi ad una mera
precisazione della domanda o addirittura ad una mera diversa
qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto ma una
legittima "messa a fuoco" della domanda, nel rispetto dei
tempi processuali (della barriere preclusive) e della altrui difesa (sempre nell'alveo della medesima
vicenda sostanziale dedotta o comunque ad essa collegata e connessa).
Inoltre la domanda "modificata" non si
aggiunge alla domanda iniziale ma la sostituisce, realizzando "...
la concentrazione nello stesso processo e dinanzi allo stesso
giudice delle controversie aventi ad oggetto la medesima vicenda
sostanziale...", rispettosa sia dell'economia processuale sia della ragionevole durata del processo.