Avevo già scritto, nel 2021, un articolo sui principi della Business Judgement Rule e gli assetti organizzativi introdotti al comma 2° dell’art. 2086 c.c. e mi interrogavo se la violazione dei nuovi obblighi consentisse – comunque - l’applicazione della BJR ?
La giurisprudenza, sul punto, comincia ad esprimersi.
Come già notavo nel precedente articolo, non è irrilevante il tema della distinzione tra assetti organizzativi inadeguati e assetti organizzativi mancanti, specie se la conseguenza sia quella del default della società.
Avevo anche dato conto di una prima pronuncia sul tema emessa dal Tribunale di Roma, con l'ordinanza dell'8 aprile 2020, secondo il quale «... la scelta organizzativa rimane pur sempre una scelta afferente al merito gestorio, per la quale vale il criterio della insindacabilità e ciò pur sempre nella vigenza dei limiti sopra esposti e, cioè, che la scelta effettuata sia razionale (o ragionevole), non sia ab origine connotata da imprudenza tenuto conto del contesto e sia stata accompagnata dalle verifiche imposte dalla diligenza richiesta dalla natura dell'incarico ...».
Il Tribunale di Roma, Sezione Imprese, con la successiva sentenza del 15/09/2020, riafferma il proprio orientamento, statuendo che: «L'operato degli amministratori in attuazione dei doveri di cui all’art. 2086 c.c., come novellato dal d.lgs. n. 14/2019, codice della crisi (adozione di adeguati assetti organizzativi con la finalità di rilevare tempestivamente la crisi e di intervento tempestivo per il suo superamento) è sindacabile nei limiti del principio della Business Judgement Rule».
Di conseguenza, la mancata adozione di qualsivoglia misura organizzativa comporta sempre una responsabilità dell’organo gestorio mentre ove una struttura organizzativa sia stata adottata, è possibile sottoporla al sindacato giudiziale, ex art. 2409 c.c., nei limiti e secondo i criteri della proporzionalità e della ragionevolezza, sulla base di una valutazione ex ante.
La Corte ha altresì chiarito che la c.d. adeguatezza degli assetti societari ha un contenuto flessibile e variabile e risponde ai canoni della legge se «la scelta effettuata sia razionale (o ragionevole), non sia ab origine connotata da imprudenza tenuto conto del contesto e sia stata accompagnata dalle verifiche imposte dalla diligenza richiesta dalla natura dell'incarico».
In conclusione, i Giudici hanno quindi affermato la piena applicazione della BJR e nell'ambito del dovere di istituire gli adeguati assetti, rilevando che ove l'amministratore ometta tout court di approntare gli assetti societari, deve considerarsi responsabile. Diversamente, ove lo stesso abbia predisposto delle misure organizzative, esse devono essere valutate ex ante secondo i canoni della BJR.
Infine il Tribunale di Roma, mantenendo lo stesso orientamento (che appare sempre più consolidato almeno in primo grado), con la sentenza del 24/09/2020, dapprima ha richiamato il già espresso principio secondo il quale «...le scelte a carattere organizzativo compiute dagli amministratori di società di capitali afferiscono al merito della gestione e come tali non sono sindacabili a meno che siano irrazionali o irragionevoli e siano ab origine connotate da imprudenza, tenuto conto del contesto in cui sono state adottate ».
Tuttavia lo stesso Tribunale ha ravvisato gravi irregolarità ex art. 2409 c.c. in capo all'organo gestorio per aver omesso di istituire «... un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, rimanendo inerte di fronte ai segnali indicatori di una situazione di crisi o pre-crisi ...».
Il Tribunale, per converso, ha nuovamente affermato il principio secondo cui non incorre in responsabilità l'amministratore che abbia predisposto un assetto organizzativo, amministrativo e contabile che, alla stregua di una valutazione che tenga conto delle conoscenze e degli elementi allora a disposizione, si mostra idoneo a verificare tempestivamente la perdita della continuità aziendale.
Il Tribunale giunge alla conclusione che non incorre in responsabilità neppure l'amministratore che, pur avendo tempestivamente rilevato, grazie all'assetto organizzativo predisposto, il venir meno della continuità aziendale, abbia posto in essere interventi che successivamente si rivelino inutili ad evitare la degenerazione della crisi, qualora tali interventi non risultino, sulla base di una valutazione ex ante, manifestamente irrazionali ed ingiustificati.
Anche il Tribunale di Milano con la sentenza del 18 ottobre 2019, in un procedimento ex art.2409 c.c., si è espresso sul tema ed ha accolto la richiesta di revoca dell’organo amministrativo. Il Tribunale ha valutato l'operato gravemente insufficiente e approssimativo degli amministratori che di per sé non era in linea con i doveri gestori di cui al novellato art.2086 c.c.
Tale condotta, risolvendosi nella violazione «... dell’obbligo di verificare puntualmente la sostenibilità dell’impresa sociale nella sua prospettiva complessiva e non solo corrente nonché dell’obbligo di attivare al più presto i necessari rimedi, risulta [...] configurabile quale grave irregolarità, palesemente foriera di pregiudizio per entrambi gli enti [controllante e controllata, ndr] le cui prospettive di ordinata “uscita dalla crisi” ne risultano compromesse in modo rilevante».
Infine, si è espresso recentemente anche il Tribunale di Cagliari (con il decreto del 19 gennaio 2022) il quale, rilevata l’assenza di un adeguato assetto organizzativo, ha statuito che tale omissione rappresenti una grave irregolarità.
Gli adeguati assetti – così si esprime il Tribunale di Cagliari - «... sono funzionali proprio ad evitare che la impresa scivoli inconsapevolmente versa una situazione di crisi o di perdita della continuità, consentendo all’organo amministrativo di percepire tempestivamente i segnali che preannunciano la crisi, consentendogli in tal modo di assumere le iniziative opportune.
Del resto, una volta manifestatasi la crisi, sfuma la gravità della adozione di adeguati assetti e viene in massimo rilievo, invece, la mancata adozione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per fronteggiarla.
In altri termini, la violazione della obbligazione di predisporre adeguati assetti è più grave quando la società non si trova in crisi, anche perché, del resto, proprio in tale fase essa ha le risorse anche economiche per predisporre con efficacia le misure organizzative, contabili, amministrative.».
Accertata la grave irregolarità il Tribunale cagliaritano – tuttavia – non ha revocato l’organo amministrativo ma ha ritenuto sufficiente assumere misure provvisorie volte ad ordinare allo stesso di adottare gli assetti amministrativi adeguati, nominando un amministratore giudiziario al fine di verificarne le misure.
Dopo questo breve excursus giurisprudenziale (invito i lettori a segnalarmi ulteriori provvedimenti), a mio avviso bisogna ancora una volta trovare la soluzione nella formulazione della norma che parla di “adeguatezza” che altro non è che una scelta di un assetto organizzativo ragionevole e prudente ex ante ma insindacabile ex post secondo i canoni della BJR (ritenuti pienamente applicabili dal Tribunale di Roma).
Inoltre si deve evitare di cadere nel pericolo automatismo “inadeguato assetto organizzativo → grave irregolarità ex art. 2409 c.c.” poiché solo l'assenza di procedimenti decisionali posso far presumere una mala gestio dell'organo gestorio.
Quid iuris ove la denunzia ex art. 2409 c.c. riveli l'assenza di un assetto organizzativo adeguato ma la società non sia tecnicamente in stato di crisi o perdita della continuità aziendale ?
Il Tribunale di Milano, nella sentenza sopra citata, sembra assumere una tesi piuttosto rigorosa (peraltro in linea con il dato testuale della norma che impone un assetto adeguato “anche [ma non solo, ndr] in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa.”.
Certamente la valutazione andrà fatta caso per caso al fine di incoraggiare, da una parte, gestioni virtuose ma, dall'altra, evitare strumentali abusi di diritto nelle denunce contro gli organi gestori.
© Avv. Luca Campana | SLC – Studio Legale Campana