Il tema affrontato dalla Suprema Corte era il seguente:
La riserva costituita da plusvalenze derivanti dalla valutazione delle partecipazioni in imprese controllate secondo il metodo del patrimonio netto, in luogo del criterio del costo di acquisto, può essere utilizzata a copertura delle perdite di esercizio ?
Il quesito ha dato lo spunto alla Suprema Corte per affermare principi di ordine generale.
La riserva, come è noto, può essere utilizzata per la riduzione diretta delle perdite, per l'aumento gratuito di capitale o, infine, per la distribuzione ai soci come utile.
Qualora la riserva sia prevista dal Legislatore come «non distribuibile» la ripartizione fra i soci viene, ovviamente, esclusa.
L'articolo 2426, comma 1, n.4, c.c. e il principio contabile n.21 del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti prevedono che le plusvalenze derivanti da una valutazione secondo il criterio del patrimonio netto siano imputate in conto economico ed iscritte in una « riserva non distribuibile».
La plusvalenza nelle immobilizzazioni, consistenti in partecipazioni in imprese controllate, non è distribuibile in quanto non ha un valore certo: si tratta di utili solo sperati e non ancora realizzati.
La loro distribuzione, di fatto, comporterebbe una lesione dell'integrità del capitale sociale.
Torniamo alla domanda iniziale: tale riserva può essere utilizzata a copertura delle perdite ?
Il Legislatore nel D.Lgs. 28 febbraio 2005, n.38, art.6, comma 5, ha espressamente escluso tale possibilità per le società emittenti strumenti finanziari nei mercati regolamentati.
Nel silenzio della legge, tale regola è applicabile per tutte le società ?
La Suprema Corte, sezione prima, con la sentenza del 5 maggio 2022 n.14210 si è espressa negando tale possibilità.
La Corte, in primo luogo, ha rammentato che rileva la «perdita netta» ossia quella al netto delle riserve e delle poste di bilancio idonee a ridurla, prima di operare sul capitale.
Pertanto – prosegue la Corte - le perdite di bilancio facoltizzano od impongono alla società di provvedere alla riduzione del capitale sociale solo qualora non esista, in senso tecnico, una perdita in quanto sia possibile imputare direttamente una posta disponibile a copertura della perdita rilevata.
La Corte rammenta, infatti, che il capitale sociale è l'elemento preservato dal Legislatore e che esso può essere eliso dalle perdite solo dopo l'assorbimento delle riserve.
Tale meccanismo, però, deve avvenire secondo una progressione rigida che comporta l'imputazione delle riserve dalla meno vincolata e più disponibile alla riserva più vincolata e, quindi, meno disponibile.
L'ordine tiene conto, infatti, del grado di facilità con cui la società stessa potrebbe deliberarne la destinazione ai soci e quindi solo in un ordine di progressiva minore disponibilità, da ultimo residuando, l'operazione di riduzione del capitale sociale.
Pertanto la riserva in commento può essere utilizzata per ridurre o eliminare le perdite soltanto dopo ogni altra riserva distribuibile iscritta in bilancio, ma prima del capitale; in mancanza, si verificherebbe la «liberazione» della riserva dal suo status di maggiore tutela, prima che le altre riserve siano state utilizzate a tal fine.
© Avv. Luca Campana | SLC – Studio Legale Campana